Le ultime elezioni politiche hanno fatto registrare la più eclatante sconfitta della democrazia rappresentativa nella storia della nostra Repubblica. La legge elettorale che marginalizza le minoranze ed esalta i “vincenti” è il frutto di un percorso anticostituzionale senza precedenti, che va avanti ininterrotto da almeno un ventennio.
Si sperava che il grido della Corte costituzionale avesse smosso in qualche modo le coscienze dei partiti, ma nessuno di essi (con l’eccezione di qualche Vox clamantis in deserto) ha puntato i piedi perché quella voce fosse ascoltata. Ergo: questa nefasta legge elettorale è perfettamente congeniale a questo sistema dei partiti. Essi sono ridotti a comitati di affari e gruppetti di sottopotere; la situazione sembra tornata indietro di due secoli: a quando il Parlamento di Torino era formato da fiduciari e tirapiedi delle famiglie “nobili” formate da principi, duchi e marchesi. Come negarlo? Oggi vota validamente poco più della metà degli aventi diritto e questi non possono neanche scegliere i propri parlamentari poiché essi sono già scelti da questi comitati di affari che oggi troviamo al posto dei partiti che diedero vita alla Repubblica in uno scenario di grande fiducia popolare.
Il sistema di oggi è molto complesso: i partiti dell’attuale Governo e quelli che pur non essendo al Governo potrebbero entrarci in ogni momento (o almeno nell’area di Governo) pur di ottenere una o più poltrone (Ministero, sottosegretario o altri incarichi da “sottopotere”), pur apparendo divisi e qualche volta in contrasto fra loro, sono tutti uniti, in realtà, nel comune obiettivo di superare questa Repubblica parlamentare e realizzare al suo posto una forma di governo diversa come il presidenzialismo o il semi-presidenzialismo. Essi aspirano a stravolgere il sistema democratico costituzionale asservendo il Parlamento al Governo anche formalmente, visto che di fatto questo obiettivo è già raggiunto da un pezzo. Si è creato, infatti, un miscuglio antidemocratico micidiale fra legge elettorale (che consente di “nominare” i parlamentari a cura delle segreterie dei partiti che “vincono” le elezioni), dimezzamento del numero dei parlamentari in un Parlamento già non più rappresentativo di tutto il popolo e ridimensionamento del dibattito parlamentare a colpi di questioni di fiducia e decretazioni d’urgenza.
La scena appena rappresentata si completo se aggiungiamo i protagonisti che cambiano casacca: il passaggio da un partito a un altro, infatti, non è un problema morale o ideale. L’adesione ai partiti, se questi sono diventati dei comitati di affari, è un semplice passaggio di convenienza e tale pratica non scandalizza minimamente gli attori che entrano ed escono da vari raggruppamenti, ne creano dal nulla altri che si affrettano a stabilire alleanze e “amicizie” sulla base di calcoli mirati. Come solitamente si fa per la scelta delle banche o delle società assicurative, con la differenza che qui in ballo ci sono poltrone di potere più o meno prestigiose e posizioni da sottopotere di influenza a prestigio.
In tutto questo, per il sistema dei partiti non riveste rilievo alcuno la scelta di decine di milioni di elettori che si sottraggono con il “non voto”. Questi, purtroppo, non migliorano la scena perversa rappresentata sopra: per quanto la rappresentanza si dimezzi di quasi il 50% dell’intero (per cui i “vincitori” rappresentano in effetti il 25% dei voti validi), le forze appartenenti all’area omogenea (per così dire…) che governa hanno raggiunto minime percentuali del consenso del corpo elettorale. Per essere più precisi, tenendo conto che il conteggio si effettua sui voti validi, Fratelli d’Italia che ha ottenuto il 26%, in effetti ha ottenuto all’incirca il 15,6 % dell’intero elettorato; il PD, con il 19% in effetti ha ottenuto all’incirca il consenso dell’11.5% dell’elettorato; la lega, il 4,8% e così via.
L’analisi appena fatta, per quanto un po’ approssimativa, mostra bene i lineamwenti della scena di cui parliamo. Essa, nei livelli territoriali raggiunge una consistenza peggiore, ove si pensi che il fenomeno del “non voto” è addirittura molto più rilevante.
In questi due decenni che abbiamo alle spalle, insomma, si sta consumando la più ampia divaricazione fra politica e società civile mai registrata in tutta la storia della Repubblica. Essa è dovuta principalmente alla deriva del sistema dei partiti e mai come in questo momento è possibile affermare che il sistema dei partiti è il fulcro della democrazia costituzionale: più questo sistema è sano, si ispira al metodo democratico di cui all’art. 49 della Costituzione attuandolo nei rapporti esterni e nella vita interna dei partiti che lo compongono, più la democrazia si indirizza al passaggio dall’utopia alla realtà. Al contrario, nel quadro appena descritto, la crisi della democrazia precipita nella sua negazione. E l’ascesa della destra fascista al Governo del Paese è solo il primo stadio, caratterizzato già oggi da provvedimenti di potere fortemente reazionari.
18 novembre 2022
Carlo Di Marco Leone