Nella prima parte di questa breve “collana” di personali valutazioni, ho solo fatto una piccola disamina prima facie del perverso rapporto fra i cittadini, il sistema dei partiti e le istituzioni sulla scena tragicomica del presente. “Perverso”: aggettivo ponderato con il parametro di questa Costituzione, naturalmente, che vorrebbe tale rapporto inverso a come attualmente si presenta. “tragicomica” è la scena: essa presenta nello stesso momento profili tragici e comici. È una tragedia il minacciato abbandono del progetto costituzionale della Repubblica democratica nata dalla Resistenza che l’insieme dei partiti al governo in questi ultimi venti anni sta portando avanti fra apparenti contraddizioni e false rivalità.
Per spiegare il “comico”, mi viene un paragone quasi improponibile, ma proviamo: tragico fu l’abbandono della Repubblica romana fra guerre civili e omicidi efferati con decine di migliaia di morti. Gli attori romani in scena, però (43 a.C.), furono in ordine: Cesare, il Senato romano, Cicerone, Marco Antonio, Ottaviano Augusto e i consoli delle legioni più potenti del mondo. A me fa drammaticamente ridere che oggi si vorrebbe passare dalla Repubblica democratica nata dalla resistenza (nel 1948 fu raggiunto il livello più alto della democrazia mai conosciuto nella storia, ma su questo tornerò un’altra volta) a un sistema autoritario déjà vu (quindi un ritorno indietro) grazie alla classe politica più ignorante e malandrina dal secondo dopoguerra in poi. In realtà, i malandrini c’erano anche nella Roma preimperiale, ma l’ignoranza non albergava affatto in quegli attori.
Lo scenario tragicomico del presente, inoltre, si basa su diversi equivoci: questa classe politica usa agire equivocando concetti, valori, principi e nozioni (persino…). Il primo di questi equivoci è la sinistra. Essa, infatti, a differenza di ieri, oggi è un equivoco. Panta Rhei, avrebbe detto Eraclito perché tutto è in movimento, ma l’area dei deputati e senatori che si trova a sinistra della presidenza, spesso avvalendosi dell’atteggiamento colloquiale di ampi strati delle aree di centro, è stata tradizionalmente progressista e rivoluzionaria; per lunghi decenni repubblicani, è stata testa di ponte fra Istituzioni e società civile; è stata il punto di riferimento parlamentare per l’attuazione e la realizzazione dei principi costituzionali; è stata l’area rappresentativa che è riuscita (anche con varie alleanze di centro) ad ottenere grandi conquiste grazie alla partecipazione democratica dei cittadini: dallo statuto dei lavoratori alla scuola democratica, dalle leggi sul lavoro minorile e delle donne, dalla sanità pubblica ai tentativi di riforma della Pubblica Amministrazione in senso democratico, partecipativo e trasparente (potrei andare avanti…). Ma oggi non è più così. In quell’area a sinistra della presidenza, infatti, malauguratamente si trovano forze politiche che hanno dimostrato di non avere più nulla di progressista e rivoluzionario. Se si assume che per questi caratteri vi sia il parametro della Costituzione (progressista e rivoluzionaria), infatti, le forze politiche che si sono rese responsabili delle recenti scelte governative di sapore neoliberista e anticostituzionale saranno pure a sinistra delle presidenze del Parlamento, ma la loro è un’area conservatrice e neoliberista. E se le parole hanno un senso non hanno nulla di quello che la sinistra storicamente ha sempre rappresentato.
In particolare, per essere più chiaro, il mio riferimento è almeno ai due tentativi di stravolgimento della Costituzione negli ultimi 20 anni; all’introduzione surrettizia e antidemocratica del pareggio di bilancio in Costituzione; al dimezzamento del numero dei parlamentari che viene dopo la legge elettorale più antidemocratica della storia repubblicana; alla trasformazione del lavoro in un grande coacervo di precarietà che nega il futuro ai nostri giovani; alla negazione della democrazia referendaria nel campo della tutela dell’ambiente che condivide gli interessi delle multinazionali del petrolio; alla responsabilità diretta e/o indiretta sulla morte di decine di miglia di migranti o del loro “rimpatrio” fra le grinfie dei torturatori libici trafficanti di esseri umani e via dicendo (anche qui potrei tristemente andare avanti…). Vero che all’interno di quest’area vi siano forze sane e persone di indubbio valore culturale, ma proprio per questo dovrebbe essere capace di sanare questa colossale ambiguità che la rende inaffidabile agli occhi dell’elettorato. Nel frattempo, lo scenario tragicomico vede il ritorno dei fascisti al Governo, anche per responsabilità di quella pseudo-sinistra.
Allora la sinistra non esiste? Certo che esiste! Ma è giunta l’ora di uscire dall’equivoco. Il senso più profondo del sostantivo “sinistra” non può più essere cercato nella semplice localizzazione dei banchi rispetto ai due lati delle presidenze del Parlamento, bensì nel riconoscersi nel progetto ciclopico della democrazia Costituzionale; nei principi fondamentali del diritto/dovere al lavoro, della partecipazione popolare come caposaldo, della rappresentatività popolare del Parlamento, della prevalenza del Parlamento sul Governo e del ruolo super partes del Presidente della Repubblica (parlamentarismo), nella realizzazione dei principi di eguaglianza, libertà, dignità della persona umana. Fanno parte della sinistra, insomma, tutte quelle forze politiche, sociali e sindacali che puntano alla difesa e alla realizzazione di questo progetto; che si battono per farlo prevalere sul tentativo (ora molto più facilitato dai fascisti al potere) della sua liquidazione per tornare ai tempi bui dell’autoritarismo.
1 dicembre 2022
Carlo Di Marco Leone